di Beatrice Silenzi

“The Rocky Horror Picture Show”, lanciato nel 1975, sul grande schermo è un film che ha rivoluzionato il concetto di cinema cult.

Diretto da Jim Sharman, è basato sull’irriverente spettacolo teatrale di Richard O’Brien, che mescola scene di  fantascienza, elementi musicali e citazioni tratte dal saggio di Susan Sontag del 1964, “Notes on Camp”.

Il risultato? Una pellicola unica che ha definito e perfezionato il concetto di cinema cult, dando vita a proiezioni fuori orario e raduni di appassionati cosplayer.

La pellicola fa entrare gli spettatori in un mondo eccentrico e sorprendente, popolato da personaggi bizzarri e fluidità sessuale.

La trama ruota attorno a Brad Majors (Barry Bostwick) e Janet Weiss (Susan Sarandon), coppia di fidanzati che si ritrova intrappolata nel castello del Dr. Frank-N-Furter, uno scienziato pazzo interpretato in modo magistrale da Tim Curry.
Il castello diventa il palcoscenico di un’avventura stravagante e provocatoria, in cui gli spettatori partecipano attivamente, al punto che durante le proiezioni fuori orario, i fan si travestono da personaggi del film, recitano le battute, cantano le canzoni e partecipano a coreografie collettive.

Il pubblico diventa, quindi, parte integrante dello spettacolo, trasformando ogni proiezione in un evento vivace e coinvolgente, partecipazione che ha contribuito a creare unione e comunità tra gli appassionati del film, che si riuniscono regolarmente per celebrare l’opera.

Le performance musicali, con le celebri canzoni “Time Warp” e “Sweet Transvestite”, hanno contribuito a rendere il film un’esperienza coinvolgente e indimenticabile, un’opera avanguardista per il suo tempo.

Affrontando temi come la sessualità, l’identità di genere e la libertà di esprimersi, il film è estremamente attuale, da vedere.