Prodotto da Sergio Leone, con musiche di Ennio Morricone, Carlo Verdone nel 1981, firma il suo secondo film da regista e, a distanza di oltre quarant’anni, continua a rappresentare un vivido spaccato dell’Italia di quel periodo.
Dopo il successo di “Un sacco bello”, Verdone torna a lavorare con la sua inconfondibile capacità di creare personaggi memorabili, utilizzando ancora una volta la struttura del film a episodi, ma con una coesione narrativa più marcata rispetto al suo esordio.
La pellicola ruota attorno a tre personaggi, tutti interpretati dallo stesso Verdone, che si muovono lungo le strade italiane per raggiungere il proprio seggio elettorale in occasione delle elezioni politiche.
Ognuno di loro incarna una diversa sfaccettatura dell’italianità, un mosaico di tic, ossessioni e fragilità che restituisce con grande acume il ritratto di un paese in pieno fermento.
C’è Furio, ossessivo e logorroico, il classico uomo pedante che segue ogni regola alla lettera, esasperando la moglie Magda (Irina Sanpiter) e i due figli con la sua precisione maniacale.
Le sue battute, come l’iconico “Magda, tu mi adori?”, sono diventate parte della cultura popolare, testimonianza della forza comica e tragica del personaggio.
La sua figura è una satira pungente della borghesia italiana, metodica fino al parossismo, incapace di lasciarsi andare a un’emozione genuina.
C’è Mimmo, un ragazzo ingenuo e bonario che accompagna la nonna (Elena Fabrizi, la mitica “Sora Lella”) a votare.
Il loro viaggio è un ritratto affettuoso e commovente del rapporto tra nipote e anziana nonna, fatto di piccole tenerezze e continui battibecchi. Sora Lella, con la sua veracità romana, regala uno dei personaggi più amati del cinema di Verdone, donando al film momenti di autentica umanità e irresistibile comicità.
Pasquale Ametrano, emigrato in Germania che torna in Italia per il voto. Silenzioso, impacciato e perseguitato da una serie infinita di sventure, rappresenta il lato più amaro del film.
Attraverso di lui, Verdone mette in scena la frustrazione e l’alienazione degli emigrati italiani, costretti a una vita di sacrifici e poco considerati nel loro stesso paese. Pasquale è il personaggio più vicino alla maschera tragica, eppure le sue disavventure strappano inevitabilmente il sorriso.
Il viaggio dei tre protagonisti diventa così una metafora della società italiana, divisa tra burocrazia oppressiva, legami familiari intensi e il senso di esclusione vissuto dagli emigrati.
Verdone, con il suo talento mimetico, riesce a dare vita a tre figure indimenticabili, bilanciando alla perfezione la comicità e la riflessione sociale.